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L'azienda, che produce prodotti cotti per la consegna a domicilio, annuncia ai rappresentanti dei lavoratori che introdurrà un nuovo sistema di lavoro volto a facilitare la tracciabilità degli ordini da parte dei clienti. A tal fine, informa che i dipendenti che svolgono funzioni di consegna devono portare con sé un telefono con connessione a Internet e scaricare l'applicazione informatica dell'azienda che consente la geolocalizzazione dell'apparecchio e del lavoratore durante la giornata lavorativa. Il dipendente è responsabile dell'attivazione e della disattivazione dell'applicazione all'inizio e alla fine del proprio turno, e l'azienda si impegna a pagare ai propri dipendenti un importo fisso per ogni giornata lavorativa.

Come conseguenza di questo nuovo sistema, l'azienda inserisce nei nuovi contratti una clausola contrattuale secondo la quale, in caso di ripetuta inosservanza di queste condizioni, l'azienda puòrisolvere il contratto e sospenderlo per un periodo fino a 2 mesi se, in caso di guasto, il telefono cellulare non viene riparato entro 10 giorni.

Insoddisfatti delle misure proposte, i rappresentanti sindacali della CCOO e dell'UGT hanno presentato un'azione di conflitto collettivo in cui chiedevano che il progetto e tutte le misure in esso previste fossero dichiarate nulle.

L'AN ricorda che la giurisprudenza ha ammesso che i datori di lavoro possono imporre sistemi di geolocalizzazione ai lavoratori, anche se l'attuazione di questa misura, nella misura in cui comporta un'interferenza con i diritti fondamentali dei lavoratori, deve superare il test di proporzionalità. Allo stesso modo, per quanto riguarda i dati ottenuti attraverso questi sistemi, la LOPD (attualmente LO 3/2018 art.90) stabilisce che i datori di lavoro possono trattarli nell'esercizio delle funzioni di controllo dei lavoratori, a condizione che siano esercitate all'interno del suo quadro giuridico e con i limiti ad esso inerenti; il datore di lavoro ha l'obbligo di informare, in modo esplicito, chiaro e inequivocabile, i lavoratori e, se del caso, i loro rappresentanti, dell'esistenza e delle caratteristiche di questi dispositivi. Pertanto, l'AN ritiene che il nuovo sistema, così come implementato dall'azienda, violi il diritto alla privacy dei lavoratori per i seguenti motivi:

  1. a)Sebbene la misura risponda a finalità costituzionalmente legittime, come il controllo deldipendente nello svolgimento del suo lavoro e un migliore servizio ai clienti, la misura non supera il test di proporzionalità. Lo stesso scopo avrebbe potuto essere raggiunto con misure che comportano una minore interferenza con i diritti fondamentali, come l'implementazione di sistemi di geolocalizzazione sulle moto o di braccialetti con tali dispositivi che non richiedono al dipendente di fornire i propri mezzi o dati personali come il numero di telefono o l'indirizzo e-mail.
  2. b) Nell'implementazione del sistema di geolocalizzazione, l'azienda non ha fornito ai lavoratori le informazionirichieste dalla legge(LOPD art. 11 e 90; RGPD art. 12 e 13).
  3. c) Imporre al dipendente l'obbligo di portare con séun telefono cellulare conconnessione dati per motivi di lavoro è un manifesto abuso del diritto del datore di lavoro, poiché viola l'alienazione del mezzo che caratterizza il contratto di lavoro e rende il dipendente responsabile di qualsiasi impedimento nell'attivazione del sistema di localizzazione. Inoltre, il compenso offerto dall'azienda per la fornitura del terminale mobile compensa solo il suo utilizzo sul lavoro, ma non se l'assunzione non era desiderata dal dipendente per lo sviluppo della sua vita personale.
  4. d)La cosiddetta clausoladi risoluzione inserita nei nuovi contratti e negli accordi di novazione implica di fatto l'adozione di un regime disciplinare al di fuori della contrattazione collettiva, poiché in pratica agisce come una vera e propria causa di licenziamento disciplinare, dal momento che le garanzie formali del licenziamento disciplinare (art. 55 dell'ET) vengono disattese affinché la risoluzione contrattuale non compensata abbia effetto.

D'altro canto, uno dei rappresentanti ritiene anche che le misure siano state adottate senza rispettare gli obblighi diinformazione e consultazione preventiva del comitato aziendale (ET art. 64.5). A questo proposito, l'AN dichiara che l'azienda non ha rispettato tale obbligo, poiché si è limitata a informare delle misure che intendeva adottare, senza però specificare i dati personali che il lavoratore doveva fornire per accedere alla domanda, né il loro trattamento fino a quando la domanda non era già stata attuata.
Alla luce di quanto sopra, si accolgono i reclami sollevati e si dichiara la nullità del progetto proposto dall'azienda, dichiarando nulli gli obblighi in esso contenuti e i provvedimenti disciplinari previsti.